Sirtori: con Percorsi della memoria ospite Gilberto Salmoni,  sopravvissuto al campo di concentramento di Buchenwald

Aveva solo 16 anni Gilberto Salmoni quando, nell'aprile del 1944, venne arrestato dai militari fascisti alla frontiera con la Svizzera, dove, insieme al resto della sua famiglia, voleva rifugiarsi, per evitare la cattura, in quanto di origine ebraica. Da quel momento inizierà per loro un incubo fatto di prigionia, deportazione e lager, che per Gilberto e il fratello maggiore si concluderà con la Liberazione, mentre i genitori e la sorella troveranno la morte ad Auschwitz.

Gilberto Salamoni tra l'assessore Paolo Negri e il sindaco Davide Maggioni

Salmoni, classe 1928, tuttora residente a Genova, città dove è nato, è testimone della tragica esperienza dei campi di concentramento, sulla quale ha taciuto per oltre 50 anni non riuscendo ad esternare il dolore e la sofferenza provati. Oggi invece riesce a trasmettere i suoi ricordi in maniera diretta, con incontri pubblici in giro per l'Italia, ma anche attraverso i diversi libri che ha scritto. Nei giorni scorsi è stato ospite del Consorzio Brianteo Villa Greppi, all'interno dell'iniziativa Percorsi della memoria 2016, intervenendo giovedì sera in sala consiliare a Besana e venerdì a Sirtori, presso l'aula magna Niso Fumagalli.
Ad aprire la serata è stato il vicesindaco Paolo Negri. "Quest'incontro si inserisce nel ciclo di iniziative che ogni anno il Consorzio promuove in occasione della Giornata della memoria. Gilberto oltre alla sua testimonianza ci presenta il suo ultimo libro, "Buchenwald - una storia da riscoprire". In generale, il filo conduttore dei Percorsi della memoria 2016 è l'omaggio a Italo Tibaldi, testimone della deportazione scomparso qualche anno fa, il quale non solo ha raccontato la sua esperienza, ma ha anche ricostruito la storia di circa 44 mila "compagni di viaggio", altri deportati italiani" ha detto infatti Negri.


Dopo un breve intervento di Giuseppe "Puccy" Paleari, studioso di storia e grande esperto della deportazione nazi-fascista, che ha "mediato" la serata, la parola quindi a Salmoni. "Per la mia famiglia l'incubo inizia con l'arresto alla frontiera, da parte dei militi fascisti, che ci hanno poi consegnato ai nazisti. Dopo diverse prigioni in Lombardia ci hanno portato al campo di Fossoli. Da qui i miei genitori e mia sorella sono stati mandati ad Auschwitz, dove, come ho scoperto in seguito, sono morti poco dopo il loro arrivo. Io e mio fratello maggiore invece siamo finiti a Buchenwald" ha esordito Salmoni.


Quindi l'ex deportato ha dettagliato la struttura del lager a cui è stato destinato e la vita che si conduceva al suo interno. "Nel mio primo libro ho raccontato la mia storia, mentre in quest'ultimo mi sono concentrato su quella di Buchenwald. La storia del campo era iniziata otto anni prima del mio arrivo e io, allora, non la conoscevo. Il campo vicino a Weimar, città natale di Goethe, che era solito visitare la dolce collinetta che poi avrebbe ospitato il lager, della quale parla anche in alcuni componimenti. I primi internati, nel 1938, erano persone prelevate dalle prigioni, i cosiddetti delinquenti comuni. Poi con l'inizio della guerra arrivarono i prigionieri politici. Inizialmente i delinquenti comuni affiancavano le SS nella direzione, ma quando sono arrivato io non era più così. Infatti i politici si erano rivelati dirigenti più efficienti. Buchenwald era una città, con le baracche dei prigionieri e le villette delle SS. All'interno c'erano fabbriche di armi, ma molti prigionieri venivano "affittati" per lavorare in industrie esterne. Per le SS era il bengodi, avevano molti spazi di svago e anche una banda di prigionieri che suonava musica, che a me sembrava tristissima, al ritmo della quale dovevamo marciare" ha proseguito.

A destra Puccy Paleari

Nel campo la vita scorreva tra ritmi di lavoro disumani, scarsità di cibo e malattie infettive. Al suo interno però, grazie ai tanti prigionieri politici tedeschi, soprattutto comunisti, venne anche organizzato un comitato clandestino di resistenza, che cercava di alleviare le sofferenze dei prigionieri e guidarli nella fase finale, che dall'interno, sentivano sempre più vicina, accorgendosi dei sempre più frequenti bombardamenti americani e del mutato umore delle SS. "Mio fratello faceva parte del Comitato, ma io stesso ne ero all'oscuro. Questo ci garantì di lavorare al coperto, e non al freddo, verso il termine della prigionia. Man mano che i tedeschi perdevano terreno e il fronte si avvicinava, i campi venivano sgombrati, con estenuanti marce. Chi cadeva veniva finito. Quando l'Armata era vicina il Comitato ci disse di rallentare in ogni modo la partenza, senza però disubbidire. In un campo vicino infatti chi si rifiutò di partire venne massacrato. Ci indicarono anche il magazzino dove venivano tenute le scarpe tolte ai prigionieri al loro arrivo, affinché potessimo cambiare gli zoccoli che portavamo, con i quali non saremmo potuti andare lontano. Il Comitato si preparava anche alla battaglia ma fortunatamente non fu necessaria, visto che alla fine le SS se ne andarono. Quando ci liberarono eravamo in 20mila, 4mila dei quali vennero ricoverati. Di questi un quarto era in condizioni così gravi da non riuscire a sopravvivere". Tra di loro, molti arrivavano dal "piccolo campo". "Quell'area era un luogo di morte. Le baracche erano a 4 piani mentre le nostre, dove già ci muovevamo a fatica, ne avevano 3. Andammo a dire loro che eravamo liberi ma non erano nemmeno in grado di capire. Due di quelle baracche ospitavano bambini e ragazzi sotto i 16 anni, che fortunatamente vennero difesi in ogni modo dal loro responsabile".


Non per tutti però arrivò il giorno della Liberazione: tra loro, oltre a molti ebrei anche migliaia di prigionieri sovietici che vennero fucilati in poco tempo e le spie inglesi impiccate in segreto. Il numero delle vittime stimate, a Buchenwald, è compreso tra 40mila e 60 mila. Tra loro anche la principessa Mafalda di Savoia, morta per le conseguenze di un bombardamento. Infatti il campo, come ha raccontato Salmoni, ospitava infatti anche molti ospiti illustri, tra loro nobili, politici e attivisti e anche una diversi ministri e deputati francesi.


"Io mi sentivo un fuscello nella corrente. Non avrei mai scommesso sulla mia sopravvivenza. Sentivo di non poter fare niente per cambiare il mio destino. Durante la prigionia ho avuto lo scorbuto ma mio fratello, che era medico, riuscì a farmi avere la vitamina C. In fondo Buchenwald non era uno dei posti peggiori, solo il 30% dei prigionieri perse la vita. A Mathausen circa il 50%. I campi di sterminio della Polonia, Auschwitz in particolare, hanno una percentuale superiore al 90%" ha concluso Salmoni.
Al termine della testimonianza, il sindaco Davide Maggioni ha omaggiato l'ospite con un libro dedicato alla storia di Villa Greppi.
Alice Zerbinati
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