La poesia di Umberto Colombo/63: la pazzia della gioia

La pazzia della gioia, il Carnevale, quando le persone, mettendo da parte la propria individualità, indossano maschere e costumi. Si tratta di una festa mobile che si tiene un periodo dell'anno cattolico/cristiano che precede il tempo liturgico della Quaresima, che affonda però le radici nei culti pagani delle civiltà greca e latina. Secondo la più accreditata interpretazione, infatti, la parola "carnevale" deriva dal latino carnem levare ovvero "eliminare la carne" poiché anticamente indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di carnevale, ovvero il Martedì Grasso, prima del periodo di astinenza e digiuno dettato dalla Quaresima durante la quale a nessuno era concesso di mangiare carne.
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A Milano e in alcune zone della Lombardia il Carnevale segue il rito ambrosiano e per questo le date differiscono leggermente rispetto al calendario romano: mentre nel resto d’Italia le celebrazioni si sono chiuse con il Martedì Grasso, il 13 febbraio, qui siamo nel clou della festa, che prosegue fino a oggi, sabato 17 febbraio. Seguendo questo calendario, quindi, proponiamo la poesia che Umberto Colombo ha scritto per questa festa, dove ciascuno può travestirsi e sentirsi libero diventare qualcun altro, senza che però questo vada oltre lo scherzo consentito dalla particolare occasione. 
La pazzia della gioia

gli scherzi che facciamo a carnevale
sono soltanto per noi una presa in giro
e questo certamente a nessuno può far male
salvo a colui che se la prende come un tiro
 
le maschere, i costumi le messe in scena
sono soltanto un gioioso volto all’allegria
e per niente traspare quel semplice tema
da tradurre in un modo storto in fantasia
 
i carri le corse i balli sono la fonte in allegrezza
del nostro bisogno d’essere aperti al buon umore
questo per noi è segno lontano di concretezza
che ci riempie di falso e di gioia nel far rumore
 
picchiamo i piatti sullo scherzo che fan fragore
vogliamo per noi stessi restar degli sconosciuti
e ciò ci permette d’esser dei falsi senza aver timore
che burla a tutto spiano senza essere battuti
 
di gioia in gioia spariamo al cielo coi petardi
illuminanti a stella tutto il firmamento
ma il mondo e matto e altrove siam bugiardi
spariamo col cannone creando gran lamento
 
le guerre stan mostrando il loro astio di vendetta
gli spari non son certo un segno d’allegria
crean dolori distruggendo i corpi che poi getta
e tutto va a ramengo e domina solo l’anarchia
 
sentiamoci fortunati per questo momento
non diamo spazio all’odio restiamo ciucchi
e meglio il festeggiar tra noi l’arcobaleno
e buttiamo al vento il male e i nostri trucchi

Umberto Colombo
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