Barzanò: alle medie un murales per dire NO a discriminazioni e violenze di genere
Si è svolta nella serata di venerdì, nell’atrio della scuola media Enrico Fermi di Barzanò l’inaugurazione del grande murales realizzato dagli alunni delle classi terze nell’ambito di un laboratorio artistico.
Prima di scoprire il grande dipinto di fronte a genitori ed insegnanti, la voce coraggiosa dei ragazzi è andata in scena con una rappresentazione molto intensa, frutto di un lungo percorso di riflessione sulla violenza di genere e sulle discriminazioni guidato dalle insegnati e dall’avvocato Monica Rosano.

Tutto è cominciato con il silenzio. E con l’ingresso in scena delle ragazze, il corpo avvolto in sacchi neri della spazzatura, il volto girato, lo sguardo abbassato. Sullo sfondo, le note della canzone resa celebre dal film ''C’è ancora domani'', colonna sonora di una generazione che cerca parole nuove per raccontare ciò che non è più accettabile. I ragazzi, maschi, entrano in scena poco dopo, imbrattando le ragazze con vernice rossa. Le ragazze non reagiscono, subiscono. Si abbassano, si rannicchiano, si dispongono ai piedi del murales ancora coperto.

Ed è in quel momento che le parole di Cristina Torres Càceres rompono il silenzio: ''Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma… Se non ti dico che non torno a cena… Se il taxi non arriva, forse sono una valigia, o mi sono persa sulla spiaggia. Ma non aver paura. Mamma, se vedi che mi hanno pugnalata, non gridare. Ti diranno che ero io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l’alcol che avevo nel sangue. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare troppo in alto''.

Un testo durissimo, recitato con voce ferma, prima del gesto liberatorio: le ragazze si tolgono i sacchi della pattumiera di dosso e gridano all’unisono ''Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima''. Il telo cade e si svela il murales, che occupa un’intera ala dell’atrio scolastico.

Il dipinto, frutto di un lungo laboratorio artistico condotto dalla professoressa Barbara Mariconti, parte da un’immagine femminile inizialmente composta da frammenti, da pezzi di carta strappati e descritti – proprio come spesso accade nella narrazione mediatica delle violenze – che progressivamente si ricompongono in un volto, un corpo, una presenza. ''La corda che prima appare come simbolo di costrizione diventa, nello sviluppo del murales, il segno della liberazione, il filo che riporta la donna al centro di una comunità che diventa finalmente rifugio, protezione, scudo'' ha spiegato la professoressa che ha seguito i ragazzi nella realizzazione.
Ma la scena non si conclude qui. Quando tutto sembra essersi placato, sono i ragazzi a farsi avanti. Uno dopo l’altro si alzano, si dispongono in piedi davanti all’opera e pronunciano parole che spostano il baricentro del discorso: ''Io uomo voglio urlare no alla violenza sulle donne. Io provo rabbia e disgusto. E mi sento in dovere di dire, ma soprattutto di fare, qualcosa. Tocca a noi ora, noi uomini, muovere un passo concreto nella direzione opposta e contraria''.

Un’esplosione responsabilità, frutto di un percorso didattico e formativo costruito con cura. Il progetto ha preso avvio a settembre, coinvolgendo tutte le tre classi della scuola media, in un lavoro coordinato dalla docente Beatrice Frigerio, condotto dall’avvocato Monica Rosano, componente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Lecco.

''L’obiettivo – hanno spiegato le docenti – non era solo parlare di violenza di genere, ma affrontare il tema della discriminazione in senso più ampio, fornendo ai ragazzi strumenti per riflettere, per confrontarsi, per elaborare le proprie esperienze in una prospettiva costruttiva''. Ogni anno il percorso si rinnova con un progetto diverso: quest’anno il filo conduttore era l’arte, declinata nelle sue forme visive, letterarie e musicali.

I ragazzi hanno lavorato per mesi, tra incontri tematici, letture, confronti, analisi di casi e testi, per poi dare forma concreta alle proprie riflessioni attraverso disegni, testi e performance. Il momento conclusivo è stato quello del 25 aprile, quando tutta la comunità scolastica è stata invitata ad assistere alla restituzione dei lavori. Il murales inaugurato ieri è, in un certo senso, la sintesi visiva e simbolica di questo lungo percorso.

Alla cerimonia erano presenti anche numerosi rappresentanti delle amministrazioni locali, che hanno espresso apprezzamento per la qualità del lavoro e per il coraggio con cui i ragazzi hanno affrontato un tema tanto delicato. ''È giusto che la scuola faccia la sua parte – è stato detto – ma è altrettanto importante che tutta la comunità si assuma la responsabilità educativa. Servono luoghi, momenti, relazioni in cui i ragazzi possano sentirsi ascoltati, accolti e accompagnati a diventare adulti liberi, consapevoli, capaci di rispetto''.
Prima di scoprire il grande dipinto di fronte a genitori ed insegnanti, la voce coraggiosa dei ragazzi è andata in scena con una rappresentazione molto intensa, frutto di un lungo percorso di riflessione sulla violenza di genere e sulle discriminazioni guidato dalle insegnati e dall’avvocato Monica Rosano.

Una bella foto di gruppo per i protagonisti del progetto inaugurato nella serata di venerdì
Tutto è cominciato con il silenzio. E con l’ingresso in scena delle ragazze, il corpo avvolto in sacchi neri della spazzatura, il volto girato, lo sguardo abbassato. Sullo sfondo, le note della canzone resa celebre dal film ''C’è ancora domani'', colonna sonora di una generazione che cerca parole nuove per raccontare ciò che non è più accettabile. I ragazzi, maschi, entrano in scena poco dopo, imbrattando le ragazze con vernice rossa. Le ragazze non reagiscono, subiscono. Si abbassano, si rannicchiano, si dispongono ai piedi del murales ancora coperto.

Ed è in quel momento che le parole di Cristina Torres Càceres rompono il silenzio: ''Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma… Se non ti dico che non torno a cena… Se il taxi non arriva, forse sono una valigia, o mi sono persa sulla spiaggia. Ma non aver paura. Mamma, se vedi che mi hanno pugnalata, non gridare. Ti diranno che ero io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l’alcol che avevo nel sangue. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare troppo in alto''.

Un testo durissimo, recitato con voce ferma, prima del gesto liberatorio: le ragazze si tolgono i sacchi della pattumiera di dosso e gridano all’unisono ''Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima''. Il telo cade e si svela il murales, che occupa un’intera ala dell’atrio scolastico.

Il dipinto, frutto di un lungo laboratorio artistico condotto dalla professoressa Barbara Mariconti, parte da un’immagine femminile inizialmente composta da frammenti, da pezzi di carta strappati e descritti – proprio come spesso accade nella narrazione mediatica delle violenze – che progressivamente si ricompongono in un volto, un corpo, una presenza. ''La corda che prima appare come simbolo di costrizione diventa, nello sviluppo del murales, il segno della liberazione, il filo che riporta la donna al centro di una comunità che diventa finalmente rifugio, protezione, scudo'' ha spiegato la professoressa che ha seguito i ragazzi nella realizzazione.


Un’esplosione responsabilità, frutto di un percorso didattico e formativo costruito con cura. Il progetto ha preso avvio a settembre, coinvolgendo tutte le tre classi della scuola media, in un lavoro coordinato dalla docente Beatrice Frigerio, condotto dall’avvocato Monica Rosano, componente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Lecco.

Da sinistra l'assessore barzaghese Valentina Magni, l'avvocato Monica Rosano e la professoressa Beatrice Frigerio
''L’obiettivo – hanno spiegato le docenti – non era solo parlare di violenza di genere, ma affrontare il tema della discriminazione in senso più ampio, fornendo ai ragazzi strumenti per riflettere, per confrontarsi, per elaborare le proprie esperienze in una prospettiva costruttiva''. Ogni anno il percorso si rinnova con un progetto diverso: quest’anno il filo conduttore era l’arte, declinata nelle sue forme visive, letterarie e musicali.

Martina Eboli, consigliere comunale di Barzanò
I ragazzi hanno lavorato per mesi, tra incontri tematici, letture, confronti, analisi di casi e testi, per poi dare forma concreta alle proprie riflessioni attraverso disegni, testi e performance. Il momento conclusivo è stato quello del 25 aprile, quando tutta la comunità scolastica è stata invitata ad assistere alla restituzione dei lavori. Il murales inaugurato ieri è, in un certo senso, la sintesi visiva e simbolica di questo lungo percorso.

Alla cerimonia erano presenti anche numerosi rappresentanti delle amministrazioni locali, che hanno espresso apprezzamento per la qualità del lavoro e per il coraggio con cui i ragazzi hanno affrontato un tema tanto delicato. ''È giusto che la scuola faccia la sua parte – è stato detto – ma è altrettanto importante che tutta la comunità si assuma la responsabilità educativa. Servono luoghi, momenti, relazioni in cui i ragazzi possano sentirsi ascoltati, accolti e accompagnati a diventare adulti liberi, consapevoli, capaci di rispetto''.
Sa.A.