Psg Molteno-Brongio, bimbi esclusi con WA: ''da Pastorale e sindaci nessun commento?''
A tre settimane di distanza dallo ''sfogo'' ospitato su queste colonne, il nonno di Garbagnate Monastero è tornato a scriverci sul caso dei giovanissimi calciatori esclusi dal PSG Molteno-Brongio. Una vicenda (ne avevamo parlato QUI) alla quale avevamo dato il doveroso – a nostro avviso – spazio, ospitando anche la replica della dirigenza della società. Nel ringraziare chi ha comunque colto l'occasione per confrontarsi sul tema, il garbagnatese ha però evidenziato il silenzio degli Amministratori dei due comuni e della Comunità Pastorale dai quali si sarebbe aspettato una presa di posizione.
Di seguito pubblichiamo il testo integrale della lettera precisando che lo spazio, come la scorsa volta, resta a disposizione per eventuali repliche o precisazioni:

Desidero innanzitutto ringraziare la redazione di Casateonline per aver dato voce, con grande sensibilità, alla mia lettera sulla vicenda dei bambini esclusi dal PSG Molteno-Brongio.
Non era uno sfogo, ma un grido di amarezza. Un tentativo di far riflettere chi, attraverso lo sport, dovrebbe educare e includere — non escludere.
Ho letto la risposta del signor Russo, che ringrazio per la cortesia del tono, ma non posso nascondere la mia delusione.
Capisco che, a livello organizzativo, una società sportiva possa trovarsi di fronte a scelte difficili. Ma ci sono modi e modi.
Dire che “non si possono accogliere tutti” può avere un senso tecnico, ma non giustifica il modo in cui tutto è stato gestito.
Un messaggio di WhatsApp per dire a un bambino che non farà più parte della squadra, dopo anni di allenamenti, di amicizie, di appartenenza: questo non è sport, non è educazione, non è comunità.
La spiegazione fornita non cancella la ferita, né restituisce a quei ragazzi il rispetto che meritano.
E soprattutto, non risponde alla domanda più semplice e più importante:
che cosa resta dello spirito oratoriano su cui questa società è nata?
Le parole possono cambiare, le fusioni possono trasformare i nomi, ma se si dimenticano i valori di accoglienza, di attenzione ai più piccoli, allora non resta molto di ciò che faceva della San Giorgio e del GS Brongio un punto di riferimento per tutti i bambini.
E qui arriva la mia amarezza più grande: il silenzio.
Il silenzio del sindaco di Molteno, che solo poche settimane fa parlava di inclusione, rispetto e pari opportunità nello sport.
Il silenzio del sindaco di Garbagnate Monastero, che dovrebbe sentire vicina la delusione delle famiglie del proprio paese.
E il silenzio della comunità pastorale, che concede spazi oratoriani a una società che — nei fatti — ha escluso dei ragazzi.
Possibile che nessuno senta il bisogno di dire una parola, di chiedere almeno un chiarimento, di ricordare cosa significa “fare oratorio”?
Io non cerco colpevoli.
Vorrei solo che qualcuno, davanti a questa vicenda, avesse il coraggio di dire che non è normale, che non va bene, che si può e si deve fare di meglio.
Scrivo con tristezza, ma anche con la speranza che questa storia possa far riflettere, e magari cambiare qualcosa.
Perché lo sport giovanile, quello vero, non allontana nessuno.
Di seguito pubblichiamo il testo integrale della lettera precisando che lo spazio, come la scorsa volta, resta a disposizione per eventuali repliche o precisazioni:

Desidero innanzitutto ringraziare la redazione di Casateonline per aver dato voce, con grande sensibilità, alla mia lettera sulla vicenda dei bambini esclusi dal PSG Molteno-Brongio.
Non era uno sfogo, ma un grido di amarezza. Un tentativo di far riflettere chi, attraverso lo sport, dovrebbe educare e includere — non escludere.
Ho letto la risposta del signor Russo, che ringrazio per la cortesia del tono, ma non posso nascondere la mia delusione.
Capisco che, a livello organizzativo, una società sportiva possa trovarsi di fronte a scelte difficili. Ma ci sono modi e modi.
Dire che “non si possono accogliere tutti” può avere un senso tecnico, ma non giustifica il modo in cui tutto è stato gestito.
Un messaggio di WhatsApp per dire a un bambino che non farà più parte della squadra, dopo anni di allenamenti, di amicizie, di appartenenza: questo non è sport, non è educazione, non è comunità.
La spiegazione fornita non cancella la ferita, né restituisce a quei ragazzi il rispetto che meritano.
E soprattutto, non risponde alla domanda più semplice e più importante:
che cosa resta dello spirito oratoriano su cui questa società è nata?
Le parole possono cambiare, le fusioni possono trasformare i nomi, ma se si dimenticano i valori di accoglienza, di attenzione ai più piccoli, allora non resta molto di ciò che faceva della San Giorgio e del GS Brongio un punto di riferimento per tutti i bambini.
E qui arriva la mia amarezza più grande: il silenzio.
Il silenzio del sindaco di Molteno, che solo poche settimane fa parlava di inclusione, rispetto e pari opportunità nello sport.
Il silenzio del sindaco di Garbagnate Monastero, che dovrebbe sentire vicina la delusione delle famiglie del proprio paese.
E il silenzio della comunità pastorale, che concede spazi oratoriani a una società che — nei fatti — ha escluso dei ragazzi.
Possibile che nessuno senta il bisogno di dire una parola, di chiedere almeno un chiarimento, di ricordare cosa significa “fare oratorio”?
Io non cerco colpevoli.
Vorrei solo che qualcuno, davanti a questa vicenda, avesse il coraggio di dire che non è normale, che non va bene, che si può e si deve fare di meglio.
Scrivo con tristezza, ma anche con la speranza che questa storia possa far riflettere, e magari cambiare qualcosa.
Perché lo sport giovanile, quello vero, non allontana nessuno.
Un nonno di Garbagnate Monastero