Barzanò: l'affido familiare, un aiuto verso i genitori in difficoltà spiegato al ''Paolo VI''

L’affido familiare: un gesto di aiuto verso una famiglia nel rispetto della sua identità.
Così nella serata di venerdì 25 maggio presso il centro Paolo VI di Barzanò è stata introdotta la delicata tematica dell’affido minori, grazie all’incontro indetto dalla Parrocchia locale e il Servizio Affidi Provinciale rappresentato per l’occasione dalla dottoressa Patrizia Panzeri e dalla psicologa Elisa Zullini.
Una possibilità poco conosciuta e spesso ignorata dalle famiglia lecchesi, che prevede la possibilità per i nuclei familiari di accogliere temporaneamente, nella propria casa e nella propria vita, bambini o ragazzi provenienti da realtà difficili da crescere e curare alla stregua di figli “naturali” per periodi limitati di tempo.



Patrizia Panzeri ed Elisa Zullini

Una realtà profondamente diversa dalle adozioni, capace di mantenere uno stretto legame con le famiglie di origine che per diverse ragioni non posseggono i mezzi per garantire ai minori una crescita sana e serena.
Ad illustrare le differenti tipologie di affido è stata la dottoressa Zullini, spaziando da quello a “tempo pieno” sino alle forme temporanee diurne o stagionali.
“Tra queste l’affido a tempo pieno risulta essere il più impiegato in Provincia, con il bambino che viene assegnato alla famiglia affidataria garantendogli periodicamente la possibilità di recarsi dai genitori natuali – ha spiegato la dottoressa – esiste poi l’affido diurno, collocato nella fascia compresa tra il doposcuola e la cena, che prevede quotidianamente il ritorno del bambino nella famiglia di origine. In questo caso alle spalle dell’affido esiste un progetto ben preciso, volto ad arginare fragilità personali o lavorative che possono spingere le famiglie di origine ad optare per una simile soluzione. Un affido ugualmente impegnativo che risulta molto diverso dal semplice “babysitteraggio”. Sempre più in voga di questi tempi è l’affido per le vacanze, richiesto specialmente dalle famiglie straniere. Avendo spesso necessità di recarsi nei Paesi di origine nel periodo agostano e non potendo, per fattori economici o politici esistenti nella nazione di origine, portare con sé il proprio figlio, queste famiglie si vedono costrette ad optare per un affidamento coincidente con la durata del viaggio”.




Nel corso dell’incontro sono inoltre stati affrontati gli aspetti giuridici dell’affidamento, legati alla consensualità del provvedimento o alla sua imposizione da parte di un giudice.
“Quest’ultimo caso risulta essere il più diffuso, in quanto non sempre i genitori naturali si rendono conto delle difficoltà anche gravi che riguardano il proprio nucleo familiare – hanno proseguito le relatrici – nei casi di affidi giudiziali i bambini risultano trascurati o maltrattati senza che le famiglie ne abbiano piena consapevolezza, rappresentando dunque una fonte di pericolo per il minore. Il tutto parte da una segnalazione al Tribunale dei minori, il cui giudice dà mandato ai servizi sociali per compiere un’indagine familiare. A quel punto dopo le verifiche del caso viene stilata una relazione, che viene consegnata allo stesso giudice. Sulla base dei dati raccolti il Tribunale emette un decreto per la collocazione del bambino in un luogo più idoneo alla sua crescita, sia esso una comunità o un affido familiare. In questo caso si interpella il servizio affidi che attraverso la banca dati trova la famiglia più idonea.
Grazie alla crescita del bambino in un contesto familiare sereno, con i genitori naturali viene avviato un percorso volto a comprendere e superare i problemi che hanno determinato l’affido, affinchè in futuro il bambino possa ritornare a vivere nella famiglia di origine”.



Particolare importanza è stata data dalle esperte all’obiettivo primario della procedura di affidamento, volta a garantire il rientro del minore nella sua famiglia naturale in un numero limitato di anni.
“Normalmente questi progetti hanno la durata di 2 anni, rinnovabili nel caso in cui i genitori non riescano a raggiungere le condizioni adatte a garantire una crescita serena del bambino. Purtroppo di tratta di un termine temporale che non sempre risulta sufficiente a risolvere i disagi, rendendo necessaria la proroga dell’affidamento per ulteriori bienni. Alcuni affidi durano sino al compimento dei 18 anni da parte del ragazzo, il quale in particolari casi può anche richiedere al giudice un proseguo amministrativo della pratica sino al compimento del 21°anno di età.
In ogni caso il legame di sangue con la famiglia di origine è talmente forte che spesso l’adolescente vuole fermamente ritornare con i genitori naturali, anche se durante l’infanzia insieme a loro ha patito episodi di violenze e abusi”.



Una scelta, quella di accogliere un bambino o un ragazzo in affido, da farsi sempre con responsabilità e consapevolezza, consci del fatto che il percorso da intraprendere avrà un inizio e una fine. “C’è un “dare” da parte delle famiglie ma anche un “ricevere” da parte di questi bambini – ha concluso la dott.ssa Panzeri - quello che fa “crescere” è la gratuità del “non possesso” del bambino, un’esperienza profondamente diversa dall’adozione dove è il bisogno di genitorialità a muovere la richiesta. Il momento dell’arrivo di questi bambini a volte è difficile, quello in cui le famiglie sono chiamati a lasciarli ripartire a volte è lacerante in quanto negli anni diventano veri e propri figli. Ma nel frattempo, da entrambi i punti di vista, rimane un legame profondo e indissolubile”.
A seguire sono state riportate alcune testimonianze di famiglie coinvolte in progetti di affido e le esperienze maturate nel corso dei singoli progetti.

Per informazioni in merito ai progetti di affido:
Servizio Affidi Provinciale
Sede di Lecco: via Adamello 15 angolo via Sora. Tel. 0341.78.00.20 - 340.17.22.510
Sede di Merate: c/o Retesalute, piazza Vittorio Veneto 2/3. Tel. 347.13.43.292
A. M.
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